GRAFOLOGIA
OLISTICA: la teoria della Gestalt
“Creatura complicata l’uomo: sa tanto di tante
cose,
ma
conosce davvero pochissimo di se stesso”
Carl
Gustav Jung
Il
mondo che caratterizza l’interiorità dell’essere umano è ricco di sfaccettature
distinte e mutevoli, come quelle che si scoprono scrutando da vicino un quadro.
Tanti tocchi di colore, forme che costruiscono in posizioni diverse, geometrie
e figure complesse ed uniche. Non sempre l’uomo riesce ad osservare e scoprire
se stesso nella propria interiorità, ed ancor meno quando tenta di comprendere
quella altrui, se non osserva tutte le sue diverse sfaccettature nel loro
insieme globale.
Ognuno
di noi è un universo a sé, estraneo agli altri, ma soprattutto inesplorato a se
stesso. Il suo essere così unico, individuale ed irripetibile, viene svelato
dal suo modo di comportarsi, di pensare, di parlare, di muoversi, e di
scrivere. Come cita lo scrittore cinese Lin Yutang “ogni attività umana ha una forma ed un’espressione”. Quando
l’espressione del suo pensiero si trasforma in movimento scrittorio, lo fa
grazie ad un sistema nervoso centrale e periferico che si comporta come
messaggero di emozioni che si schiudono sotto i primi raggi di coscienza. La
mano, che appartiene ancora ad un nostro Io fisico, conduce la scrittura, e
lascia trasparire sul foglio il riflesso del Sé, un’orma della propria individualità.
La scrittura a mano diventa in questo modo un mezzo bivalente: con la scelta
delle parole espone il contenuto dei pensieri, e con la modalità di stesura
delle stesse rivela la sua essenza, le emozioni, la personalità, in definitiva
rappresenta con il suo modello scrittorio l’integrazione anche temporale del
proprio vissuto interiore trascorso, i moti emotivi presenti e le motivazioni
che proiettano l’individuo verso il futuro. E’ per questo motivo che il
grafologo non legge il testo del manoscritto (con l’eccezione di quello dei
bambini), ma “legge” il modus scrivendi.
La scrittura, in sostanza, de-“scrive” una verità intima attraverso l’uso di
segni e forme simboliche, e la sua traduzione consente di “individuare” [1] il Sé più autentico dello
scrivente. Ogni scrittura diventa quindi testimonianza della nostra identità cognitiva,
sociale, relazionale ed emotiva. Non esiste una calligrafia identica ad
un’altra, così come non esiste un individuo equivalente ad un altro, seppur si
possano riscontrare somiglianze, o tentarne l’imitazione. L’individuo dipinge e
proietta, infatti, la propria identità sulla carta attraverso un inconsapevole
e singolare insieme di gesti grafici simbolici con i quali costruisce
metaforicamente un organismo scrittorio del tutto personale.
“Qualsiasi caratteristica
dell’individuo, specialmente se si tratta di proprietà sostanziali, deve
manifestarci l’individuo stesso… anche il cappello, che è qualcosa di incidentale
alla persona, ha tutte le caratteristiche personali del soggetto. Per questo,
chi ci conosce intimamente e fino ai minimi particolari, deve saper distinguere
il vostro cappello da quello di chiunque altro”
(Girolamo Moretti)
Allora,
come riesce il grafologo ad indagare questo mondo ineguagliabile ed a
riconoscere il nostro cappello? Lo studio analitico e meticoloso della
scrittura non si sofferma sul matematico tentativo di attribuire ai segni
calligrafici uno specifico significato, sarebbe troppo riduttivo e sminuirebbe
tutta l’arte della grafologia. Tale arte è assimilabile infatti a quella di un
investigatore che dopo aver cercato e raccolto parsimoniosamente tutti gli
indizi oggettivi, elabora la scena del delitto, il movente e l’identikit del
colpevole. E’ proprio questa elaborazione il pilastro portante della
grafologia, poiché il complesso di
combinazioni
simboliche che proiettano sulla carta un’individualità mente-corpo, è infinito,
unico ed irripetibile, ed uno stesso simbolo grafico può assumere
interpretazioni diverse, secondo il contesto simbolico in cui si trova. Si
stima che si possano comporre nella nostra lingua italiana fino a 800.000
parole con le sole 21 lettere dell’alfabeto italiano. E con queste lettere e
parole si sono scritti fiumi di libri di ogni tipo, articoli, saggi, testi di
studio. Tutto varia secondo come scegliamo le parole, il ruolo che diamo loro e
come le disponiamo nel testo per costruire gli enunciati.
Qualcuno
potrebbe pensare “ma allora è vero tutto, ed il contrario di tutto?”. E’ il
pensiero relativista che ci aiuta a comprendere che la verità presenta
innumerevoli sfaccettature ed esse possono essere numerose quante sono le angolazioni
da cui si osserva. L’orizzonte e la direzione possono anche essere identiche,
ma diverso sarà il panorama se ci affacciamo al primo piano oppure all’attico
dell’Empire State Building. E come sarebbe il nostro panorama se osservassimo
la stessa Manhattan dall’oblò di un Airbus in transito a 10.000 metri di quota?
La
realtà oggettiva è la stessa, ciò che cambia è solo la prospettiva, ed essa dipende
da ciò che l’osservatore percepisce nel suo campo di osservazione, il paesaggio
che si costruisce davanti ai suoi occhi. E non solo, se osserviamo ancora più
attentamente, vedremo che quel paesaggio non è solo un insieme casuale, caotico
e statico di unità, ma che in esso tutto è dinamico ed i vari elementi assumono
senso secondo la modalità con cui si intrecciano e sono organizzate tra loro,
formando un unicum.
Applicando
questi concetti alla grafologia ci vengono in aiuto le teorie psicologiche
della Gestalt a cui la grafologia fa
profondo riferimento. Gestalt è un
termine che deriva dal tedesco e non ha una traduzione specifica nella nostra
lingua, ma il suo significato si può assimilare a “forma”, “figura”,
“struttura” o “creazione”. Ci vuole
indicare che la mente, attraverso determinate leggi, configura e struttura
sotto forma di immagini gli elementi che le giungono attraverso i canali sensoriali (percezione) o
della memoria (pensiero, intelligenza). La nostra esperienza all’interno
dell’ambiente è costituita dalla percezione di un’insieme di elementi, la cui
semplice somma non ci porterebbe alla comprensione del funzionamento globale
delle cose.
Tale
inquadramento si illustra con l’assioma gestaltico “il tutto è molto più che la somma
delle singole parti”, opponendo così l’idea di percezione elementare, dissociata
e statica ad una percezione olistica e
dinamica del mondo fenomenico. Le
singole parti diventano quindi elementi non solo affiancati tra di loro, ma in
rapporto sinergetico, dove il loro valore si potenzia e definisce solo in
rapporto al contesto in cui si trovano.
Nell’immagine
proposta c’è un chiaro esempio di come l’immagine che il nostro cervello crea
va oltre agli elementi floreali, suggerendoci un’immagine globale ed aggraziata
di una donna che non vedremmo se gli elementi fossero disposti tra loro con
rapporti diversi.
Se,
anziché alla mente, applichiamo questo concetto al corpo fisico, ci rendiamo
conto che non è sufficiente inglobare in una struttura scheletrica un insieme
di organi e visceri per poter dire di aver creato una vita, un organismo
funzionante. Questi devono necessariamente essere in rapporto sinergetico tra
di loro, comunicare ed autoregolarsi vicendevolmente attraverso un meccanismo
che ricerca un equilibrio omeostatico. Ciò significa che ad ogni cambiamento in
una parte dell’organismo, ne corrispondono simultanei cambiamenti in altre
parti, cioè ogni piccola variazione isolata si ripercuote necessariamente
sull’insieme, ristabilendo un nuovo equilibrio. Anche in questo caso si
ripropone una visione olistica del
corpo vivente.
Trasponendo
questo concetto alla scrittura si può comprendere come ogni singolo gesto
grafico, detto “segno”, acquisisca un significato peculiare in relazione all’”ambiente
grafico” in cui si trova, ovvero in funzione degli altri segni grafici presenti
nel manoscritto, ed ogni modifica di un segno determina una nuova struttura
grafica, detta appunto Gestalt. E’
questo un concetto della visione olistica
applicata alla grafologia.
Per
meglio comprendere, porterò un esempio. Se una scrittura ha una dimensione
piccola, non potremo limitarci a descrivere una personalità introversa, ma
dovremo cercare altri segni grafici accompagnatori che creino un contesto in
cui ci si possa indirizzare verso un’identificazione più precisa delle qualità dello
scrivente. Il significato di una scrittura piccola potrebbe infatti tradurre
delle personalità tra loro molto diverse. Vediamo alcuni esempi:
·
personalità carente di autostima (se in
aggiunta, le dimensioni delle lettere sono molto variabili, sproporzionate,
schiacciate ed un tratto mal inchiostrato)
·
personalità riflessiva, razionale ed
obiettiva (se scrittura dinamica, agile, sobria, evoluta)
·
persona schiva ed introversa che non esprime
facilmente i propri sentimenti (se il tratto è nitido)
·
persona con tendenza all’isolamento (se ampia
distanza tra parole e tra righe, con ampi margini)
·
personalità autoritaria e dispotica (tratto
tagliente, angolosa, acuminazioni, barre delle t lanciate, punteggiature e
finali esuberanti)
·
affaticamento, mancanza di vitalità,
invecchiamento (associata a tratto leggero, poroso, fine, incerto, lento, rigo
instabile o discendente)
·
personalità ambiziosa (se accompagnata da
aste ascendenti lunghe e decise, tratto nutrito, rigo ascendente, firma importante)
Chi
scrive compone il proprio mosaico. Da un insieme sparso di pietruzze, sceglie i
frammenti di colori,
forme, e le incastra, creando l’immagine personale del Sé, riconoscibile,
apprezzabile e che trasmette una propria individualità.
Allo stesso modo
avviene in musica. I grandi compositori sanno esprimere a tutti i livelli la
loro capacità di unire tra di loro solo 12 note per creare un’identità unica e
meravigliosa. Ad esempio, il compositore Tchaikovsky ha realizzato in sinfonia
musicale un’identità fiabesca come quella de “Il lago dei cigni”, unendo i
diversi timbri degli strumenti, ed attribuendo ad ognuno il proprio ruolo
compositivo e scenico, in una danza di armonie e melodie. Il risultato finale è
non solo una famosissima composizione magistrale, ma una vera e propria
immagine musicale.
In definitiva, il grafologo è colui
che penetra l’opera artistica, salendo sul palcoscenico degli artisti ed
analizzando le loro singole partiture, per poi tornare in platea ed assaporare
la sinfonia di note che si rincorrono da uno strumento all’altro creando un
dialogo prestabilito, ora pacato, ora effervescente o malinconico, trasmettendo
così le emozioni del compositore, dalla partitura direttamente all’anima di chi
lo ascolta.
“Sempre in un’analisi
grafologica, peseranno molto il talento e la grazia del grafologo, la decisiva
capacità di intuire espressioni e abbracciare degli insiemi; sembra dono innato
in taluni e quasi impossibile da sviluppare in altri. Inoltre, poiché non ci
sono due scritture identiche, né possono esistere, una scrittura concreta
opporrà sempre alla scienza grafologica l’invisibile barriera che ogni
individuo oppone a tutta la scienza. Dell’individuo non esiste né concetto né
scienza, recita la filosofia… la grafologia applicata sarà, perciò, sempre,
un’arte”
J. Crepieux-Jamin
Jennifer Taiocchi
[1] Il
processo d’individuazione è meccanismo studiato da Jung per identificare un
processo umano volto alla riscoperta del Sé nel tentativo di far emergere la
parte inconscia ed integrarla in modo armonico con la parte di sé conscia.
Questo processo durerebbe tutta la vita, ma non si compirebbe mai totalmente,
poiché permane nell’essere umano una parte inconscia non esplorabile.