Quando usciamo di casa, ed entriamo nel mondo sociale,
inconsciamente i nostri atteggiamenti mutano, cercando di adattarsi alle
convenzioni sociali, alle buone usanze, rispettando i principi dell’educazione
e vestendoci con la divisa appartenente al ruolo in cui agiamo e con cui
interagiamo. Tutto ciò anche malgrado i nostri desideri. A parte questa veste
sociale, non sempre ben aderente alle nostre forme costituzionali, esiste anche
una nostra identità più vera. Una realtà pura sotto la veste conformista, che
talvolta controllata o inibita dai tabù ed altre spumeggiante ed incontrollata.
Una divisa formale è necessaria per inserirsi ed adattarsi all’ambiente
relazionale, quanto lo è quella essenziale nudità per esprimere la propria
identità e realizzarla.
Questi due aspetti antitetici convivono nel nostro
comportamento quotidiano, e il loro equilibrio o la loro predominanza si
esprimeranno nel nostro atteggiamento posturale, linguistico, e per conseguenza
nel nostro atteggiamento scrittorio.
Ecco su cosa si fondano le due specie di Crepieux-Jamin: la Forma ed il
Movimento.
Una persona dalle parole ricercate, dai gesti rispettosi
del bon-ton, da un comportamento aderente alle convenzioni, prevedibile,
costante, educato e talvolta costruito, non potrà che curarsi anche del gesto
grafico nella presentazione scritta di una lettera o di un testo scritto,
soprattutto se indirizzato ad un’altra persona. Son quelle abitualmente considerate le “belle
scritture”, perché leggibili, curate e talvolta abilmente arricchite nella
Forma.
La Forma è quell’aspetto della scrittura in cui la persona mette in atto scelte consapevoli per l’esecuzione della sua espressione scritta. E’ una delle caratteristiche della scrittura che più sottostanno ad un controllo della volontà e della razionalità. La Forma appartiene alla dimensione spaziale della scrittura, preoccupandosi lo scrivente di inserirsi nello spazio ambientale. La persona può scegliere di adattarsi alle consuetudini sociali strutturando una Forma acquisita che ricalca i modelli diffusi, convenzionali, scolastici, semplici. Ma può anche scegliere di volersi esprimere al di fuori delle consuetudini e personalizzare le Forme con gesti che la arricchiscono, la complicano, la rendono bizzarra, oppure la semplificano fino all’essenzialità, o ancora la trasformano rendendola artificiosamente costruita, quasi simbolica. Le stesse scelte consapevoli si traducono quotidianamente anche nella cura del proprio aspetto, di come cioè ci si presenta agli altri: con un abbigliamento comune, casual, convenzionale, senza trucco e con il capelli ordinati, oppure con un abbigliamento curato, ricercato, dalle gradi apparenze o nei piccoli dettagli, capelli costantemente in piega o ancora indossare un costume teatrale, che camuffi la propria identità o ne esalti solo certi aspetti per nasconderne altri. Solo se il suo stato emotivo è perturbato si lascerà andare in modo trascurato, scialbo. Ma quando questa cura estetica diventa la primaria preoccupazione, questo eccesso di controllo si traduce in una scrittura rigida, in cui la preoccupazione per l’immagine che trasmette agli altri prevale sul contenuto di quella stessa immagine. Sarà una persona che tenderà a nascondere una sua vera identità, cercando di mostrarne una maggiormente attrattiva, nascondendo così proprie debolezze, fragilità, conflitti, ma lottando anche per superarle, ristrutturando una propria immagine.
Esistono poi personalità che non sono disposte a sottostare
ad un eccessivo autocontrollo, lasciando libero invece un proprio linguaggio
interiore più autentico, disinibito e talvolta sfacciato. Sono persone che identificano
se stesse non nel gruppo, ma nella propria individualità, per questo mal
sopportano di appartenere ai ranghi della convenzionalità, ed agiscono quindi
non per esser riconosciuti o approvati, ma per sentirsi vivi. Cavalcano l’onda
delle proprie emozioni e rifuggono ogni costrizione o imposizione: sono persone
inquiete, impazienti di esprimersi, di agire, di trasformare un proprio
pensiero in azione. Sono persone indipendenti che desiderano evolvere,
progredire. Possono arrivare ad essere dei veri e propri ribelli, incostanti e
per questo meno affidabili. Ciò si traduce in persone imprevedibili, talvolta
incomprensibili, come spesso è la loro scrittura le cui Forme sublimano nel movimento.
Il Movimento è allora quell’aspetto della scrittura più
dinamico, impulsivo, che da voce all’emotività piuttosto che alla razionalità. Esso
è l’espressione di un processo dinamico. Si riferisce al ritmo di spostamento
del tracciato grafico e perciò si inserisce nella dimensione temporale della
scrittura. Una scrittura Movimento sarà decisamente più dinamica, irregolare,
in cui l’inconscio erutta spontaneo. Essa può esprimere sensibilità,
intuizione, ricettività, ma anche spontaneità, sincerità. Se la Forma è di
facile da imitare o trasformare volontariamente, lo è molto meno il movimento.
Esso è infatti un riflesso di un proprio movimento interiore, i tumulti che si muovono
nei visceri della vita psichica.
La personalità Movimento non sarà così attenta alla propria
presentazione, all’apparire, ma piuttosto all’essere autentico, e all’agire.
Sarà una persona dinamica, impulsiva, talvolta precipitosa, indaffarata continuamente
in uno o più scopi da perseguire. In questo può trovarsi in difficoltà a
concentrarsi, a memorizzare, perché solleticato da continui pensieri che
impulsivamente sorgono alla mente e compulsivamente richiedono attenzione e
realizzazione.
Il Movimento, quando diventa rapido, esprime la maturazione
grafomotoria, ovvero l’abilità psico-neuro-motoria, in cui il pensiero che
sgorga dalla mente viene rapidamente e trasformato, attraverso le vie
neuro-motorie, in gesto grafico e quindi in messaggio scritto.
Noi siamo quotidianamente alla ricerca di un equilibrio tra
una vita esteriore sociale, conscia e controllata, ed una vita interiore
spontanea, inconscia ed incontrollabile. Dare più importanza alla prima
significa acquisire una propria padronanza di sé ed apparente stabilità pagando
il prezzo di uno svuotamento di una propria identità unica, per appartenere ad
un cliché comune. Ipertrofizzare la
seconda significa navigare in mari instabili e talvolta sofferti della propria
autonomia, rischiando anche di scivolare, riscuotendo però il beneficio di una
propria evoluzione, apportando anche spunti di innovazione.
Se “in medio stat
virtus”, anche un buon equilibrio tra la scelta di un apparire con un abito
composto ma personalizzato, e quella di
essere, attraverso un atteggiamento spontaneo ma controllato appare la scelta migliore. Ciò si traduce
nella scrittura di una persona che abilmente si adatta alle convenzioni senza
però sacrificare la propria autonomia di pensiero, di azione e di evoluzione.
Jennifer
Taiocchi