mercoledì 21 agosto 2013

LA SCRITTURA ESPRESSIVA AIUTA A GUARIRE PIU' RAPIDAMENTE LE FERITE FISICHE





Forse i dottori dovrebbero fomentare la prescrizione quotidiana di scrittura di diario personale; studi suggeriscono che questo aiuti a curare le ferite fisiche quasi due volte più rapidamente del normale

Un nuovo studio dell’Università di Auckland rivela che esprimere le proprie emozioni durante la scrittura fa guarire letteralmente il tuo corpo più velocemente.
In questa prova controllata, si assegnarono a quarantanove adulti sani il compito di scrivere per venti minuti al giorno, circa eventi dolorosi (Scrittura Espressiva) o circa attività diarie (Utilizzo del tempo) per tre giorni consecutivi.
Due settimane dopo, ai partecipanti vennero inferte ferite di puntura di 4 mm nella parte interna del braccio. Le ferite furono fotografate giornalmente per 21 giorni per monitorare il processo di riepitelizzazione. 

All’11esimo giorno dopo la formazione delle ferite, i partecipanti del gruppo Scrittura Espressiva ebbero una percentuale più elevata di riepitelizzazione delle ferite a confronto del gruppo Utilizzo del tempo, con un 76,2% contro il 42,1% di guarigioni.

Questo lavoro allude a un tema importante, che è la capacità di narrativa per guarire le nostre sofferenze (è per questo che quando esprimiamo i nostri problemi, e li capiamo, ci si toglie un peso dalle spalle) e porta addirittura più lontano dicendo che può aiutare a guarire ferite fisiche; tuttavia omette di menzionare che nell’esperimento potrebbero aver influito altri fattori come le capacità curative individuali ecc. Senza dubbio però, il fatto di affrontare i temi più intimi e difficili nella scrittura è un modo per esorcizzarli. Di cambiar loro il luogo: dal nostro essere al foglio di carta o schermo, ed è un buon modo di sentirsi emancipato. 

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lunedì 6 maggio 2013

10 RAGIONI PER SCRIVERE CON LA PENNA






Scrivere è un modo di dare una parte di Sé,
senza impoverirsi ma arricchendosi di quelle emozioni che si incastonano
tra l’atto motorio dello scrivere e l’atto mentale del pensare
 J.T.



Con l’avvento della tecnologia, la scrittura sta subendo un’importante rivoluzione, non solo per gli strumenti utilizzati per comunicare, ma anche per gli effetti che questo cambiamento produce. Se da un lato la scrittura virtuale e tecnologica consente di trasmettere con rapidità il contenuto del nostro pensiero, dall’altra sta mettendo a riposo importanti funzioni e ruoli dell’uomo, atrofizzandone la creatività, la manualità, l’individualità, la responsabilità e condizionandone di conseguenza l’evoluzione sociale, storica e psico-biologica.
La comunicazione scritta è ciò che ci distingue dalle altre specie animali, poiché ci permette di esprimere la nostra natura, di trasmettere informazioni, idee ed emozioni, attraverso tutto quel processo di investimento della propria personalità come quello della scrittura a mano. Le modalità di scrittura si sono evolute nella storia, cominciando dalle scritte rupestri, per evolversi con l’utilizzo di papiri, di canne di bambù, di carta e di altri supporti. La scrittura, ha contraddistinto l’uomo di ogni epoca e grazie ad essa è stato trasferito nei secoli un bagaglio culturale inestimabile. L’importanza di mettere nero su bianco era stata già compresa in epoca romana, quando il senatore romano Caio Tito esprimeva al senato romano la necessità di scrivere gli accordi affinchè non andassero persi o contestati, poiché, come disse lui stesso “verba volant, scripta manent”. Lo stesso vale per un’informazione, una legge, un accordo, una scoperta, ricette, formule. Ancora oggi, nonostante l’evoluzione della tecnologia, c’è un documento importante che deve essere scritto a mano per essere giuridicamente valido: le ultime volontà che il de cuius esprime stilando il testamento.
Le scritture antiche, ormai bagaglio storico, sono sempre presenti, palpabili, a disposizione di tutti e non hanno bisogno di essere lette o salvate attraverso sistemi informatici, i quali, peraltro sono in continua evoluzione, e sempre suscettibili di perdere il “contenuto informatico” in seguito a virus, black out o reset, o semplicemente perché i computer di nuova generazione hanno programmi e sistemi che non sono più in grado di leggere i documenti (testi, immagini o altro) contenuti nel vecchio dischetto. Ecco, quindi, che il beneficio della praticità tecnologica ha invece eroso una delle abilità primordiali dell’uomo, la scrittura.

Esistono molte ragioni per cui vale la pena tornare a scrivere con la penna, impugnando le parole, per stenderle sulla carta. Molte sono benefiche anche per lo sviluppo cerebrale, neuro-motorio, e psichico.
Vediamo 10 ragioni per cui vale la pena scrivere a mano:

1)       Si può scrivere ovunque, in qualunque momento, e qualunque condizione, senza essere vincolati dall’elettricità, o dal possesso di uno strumento informatico: con una penna ed un foglio. E il foglio, infilato in borsa o in tasca, tra le pagine di un libro, o dell’agenda, ci accompagna ovunque, consentendoci la sua lettura in qualsiasi luogo, in viaggio, su una barca in mezzo al mare, o a dieci mila metri sulla poltrona di un aereo.

2)       Scrivere favorisce uno sviluppo trofico dei muscoli della mano, che devono realizzare i movimenti fini di impugnatura e di movimento che siano adeguati a produrre una scrittura leggibile, personale, ed anche estetica. La mano diventa lo strumento per eccellenza che trasmette energia, pensiero ed emozione. L’energia della mano e la resistenza del foglio sono in costante interazione per portare a termine il gesto scrittorio. Come in tutti gli esercizi, “l’uso fa l’organo”.

3)       Il movimento scrittorio eseguito con la mano ha ripercussioni benefiche sull’anatomia del cervello e sulle funzioni neurologiche. Quanto maggiormente utilizziamo la mano, tanto più stimoliamo la zona cerebrale di competenza arricchendo e sviluppando le connessioni neuronali. Tutti i movimenti, complessi e fini, messi in opera per scrivere sono governati dal cervello, e più precisamente dall’area motoria. Trattasi di quella parte di corteccia cerebrale costituita da aree di neuroni, ognuna delle quali gestisce i movimenti dei vari muscoli. Il neurologo canadese Wilder Penfield rappresentò le aree cerebrali motorie della corteccia cerebrale, attraverso una mappa topografica definita homunculus motorio, in cui è evidente come la parte deputata al controllo, percezione e movimento della mano è la più ampia rispetto a tutte le altre aree cerebrali che governano il movimento di altre parti del corpo. E’ noto in medicina, che l’uso frequente di specifiche parti del corpo periferiche aiuta lo sviluppo delle connessioni neuronali nelle aree cerebrali che controllano quelle stesse strutture anatomiche. Questo principio è applicato nella riabilitazione neuro-motoria nei pazienti cerebrolesi. Infatti, gli esercizi oltre a riabilitare l’arto leso, riabilitano anche quella parte di cervello in cui si è originato il danno cerebrale, ristabilendo nuove connessioni tra i neuroni, mantenendo il trofismo del tessuto cerebrale e quindi sostenendone le funzioni.


L’azione neuro-trofica si ripercuote anche sulle funzioni di coordinamento motorio, e nello spazio-tempo. I movimenti di adduzione ed abduzione, di controllo della pressione della penna sul foglio, di esecuzione di forme grafiche più o meno complesse, di connessione delle stesse, la velocità di esecuzione e di gestione dello spazio sul foglio a disposizione richiedono coordinamento. Non è un caso che l’apprendimento del movimento scrittorio sia il più lento ed impegnativo, rispetto a molte altre abilità motorie. Infatti si impara a camminare già a 12-18 mesi, a parlare intorno ai 24 mesi, ma si impara a scrivere solo a 5 o 6 anni, quando il cervello comincia ad avere un numero di connessioni sufficiente a coordinare il movimento, e gestire le prime abilità cognitive, per trasferire su carta una parola pensata. Bisogna attendere l’età di 10-12 anni per produrre un movimento fluido e quindi una scrittura scorrevole. In età adulta, dopo uno sviluppo completo delle capacità motorie della mano e delle abilità cognitive si dominerà il movimento scrittorio con padronanza. Il movimento della mano tuttavia, prevede anche un coordinamento spazio-temporale della scrittura, gestito dalla vista, che invia al cervello informazioni e dati da elaborare. Un abile dattilografo può scrivere fluidamente senza guardare né la tastiera né il testo, poiché l’unico movimento necessario è l’automatismo che fa “tamburellare” le dita per digitare i tasti corrispondenti alle lettere desiderate. Una volta preimpostate le funzioni desiderate, lo scrivente non dovrà preoccuparsi della forma delle lettere, della dimensione, della direzione, dell’inclinazione, della continuità, delle spaziature e del tratto. Tutto verrà gestito dallo strumento informatico, senza alcuna necessità di attivare funzioni cerebrali di gestione e controllo. Molto più complesso e fine è la scrittura a mano. Provate a scrivere ad occhi chiusi o al buio!  L’occhio osserva e misura lo spazio libero a disposizione, ma controlla anche il movimento in corso di esecuzione ed il prodotto del proprio gesto scrittorio. Grazie a questi dati inviati dalla vista al cervello, le aree motorie vengono regolate, modificando di conseguenza i movimenti fini della mano. Se scrivessimo ad occhi chiusi produrremmo una scrittura scoordinata, dalle evidenti alterazioni della forma, del collegamento tra le lettere, delle dimensioni. Non riusciremmo a mantenere il rigo e non sapremmo nemmeno quando termina il rigo. Il movimento della mano è, in definitiva, sottoposto ad un indispensabile controllo visivo che ne controlla e agevola il coordinamento.

4)       Stimola e sviluppa le capacità cognitive! La scrittura a mano impone una velocità che è in rapporto con la nostra abilità neuro-motoria e la nostra personalità. Costringe il pensiero a rallentare in attesa che la mano ne trasferisca tutto il contenuto sul foglio, e mentre la mano scrive, il cervello elabora, rielabora ed organizza i pensieri successivi in modo da trovare soluzioni espressive più adatte al messaggio ed al destinatario. 


Nel linguaggio scritto si attivano ampie aree della corteccia cerebrale (oltre a quelle motorie), prefrontale e parietale dell’emisfero sinistro, deputato all’aspetto analitico, razionale e linguistico. Alcune di queste sono deputate al movimento dell’arto scrivente, altre all’elaborazione del pensiero che si vuole scrivere. Il risultato deve essere garantito da importanti funzioni di coordinamento neuro-motorio e cognitivo, che nel tempo stimolano e sostengono lo sviluppo dell’intelligenza. Per i destrimani si attiverà prevalentemente l’emisfero sinistro, sia per la componente motoria che cognitiva, che sarà prevalentemente razionale. Il nostro cervello sta quindi nelle nostre mani! Uno studio condotto da Virginia Berninger, professoressa di psicologia presso l'Università di Washington (Usa), ha dimostrato che nella prima età scolare i bambini scrivono a mano più parole, più velocemente ed esprimendo più idee di quanto facciano usando una tastiera. In questo caso, infatti, l’elaborazione dello scritto viene frenata dall’impellente necessità di frammentare le parole in singole lettere che devono essere cercate una per una sulla tastiera, facendo distrarre il pensiero.

5)       Aumenta la creatività. Il coordinamento delle funzioni ideative, analitiche, emozionali e motorie, l’esecuzione di funzioni automatizzate ed al tempo stesso la ricerca di soluzioni comunicative e grafiche personalizzate, impongono lo sviluppo di creatività tanto mentale quanto scrittoria. Le competenze creative vengono gestite dall’emisfero destro, che è anche preposto alla gestione dell’aspetto emotivo. Un mancino userà prevalentemente l’emisfero destro per la funzione motoria, attivando maggiormente le sue qualità creative.

6)       Migliora la concentrazione e la memorizzazione. Poiché l’atto di scrivere rallenta il tempo espressivo, imponendo la concentrazione su ciò che si sta scrivendo, questo tempo viene utilizzato dal cervello per elaborare, analizzare, coordinare, e sintetizzare il proprio pensiero, favorendo maggior concentrazione, e quindi miglior memorizzazione. E’ consigliato, infatti, prendere appunti per migliorare la capacità di “incidere” nella memoria concetti da acquisire.
7)       Scrivere armonizza e rasserena le emozioni. L’atto scrittorio permette di coordinare non solo le idee, ma quando trattasi di esprimere emozioni, favorisce l’esercizio di auto-osservazione, l’affioramento e l’espressione. In psicoterapia è uno strumento per ritrovare un equilibrio delle proprie emozioni, anche quelle più intime, senza timore di giudizi, di reazioni o di punizioni. Sovente le persone più introverse e taciturne, riescono a comunicare meglio le proprie emozioni scrivendo, poiché impegnate in un continuo dialogo interiore. Scrivere, per esempio un diario, è un modo per prendere contatto con un proprio Sé profondo e dargli voce, per scremare la nebulosa di pensieri ed emozioni e quindi per “schiarirsi le idee”. In questo processo di affioramento emotivo anche le tensioni si sciolgono e le emozioni si rasserenano. Una delle finalità della rieducazione della scrittura è di riequilibrare il gesto motorio anche attraverso un riequilibrio emotivo, poiché spesso una scrittura “disturbata” è il riflesso di emozioni sofferte. Il rapporto scrittura-emozioni è così stretto che l’alterazione di una si ripercuote anche sull’altra.


8)       Scrivere una lettera permette al mittente di avvicinarsi intimamente al destinatario, e a questi di sentirne il tatto, il profumo, e quasi la presenza. Manoscrivendo, prendiamo per mano le parole per comunicare, entriamo in contatto con gli altri, avvicinando mondi che la tecnologia separa ed isola sempre più. Quando afferriamo una lettera nelle mani, intuitivamente e sensorialmente percepiamo una varietà di sensazioni che ci tranquillizzano o ci inquietano, ci attraggono o ci respingono, come se prendessimo contatto diretto con il nostro interlocutore.


9)       E’ solo attraverso un manoscritto originale (e non fotocopiato) che il grafologo è in grado di decifrare la personalità, le emozioni, ma anche le attitudini di chi scrive, le sue difficoltà, i suoi punti di forza, le sue potenzialità; impossibile arrivare alle stesse conclusioni attraverso un documento dattiloscritto.

L’inchiostro, infatti, “libera l’anima” dello scrivente, che attraverso il proprio movimento corporeo si esprime. Nella lettera scritta a mano, vengono trasferiti inconsciamente non solo il contenuto del messaggio, ma anche i caratteri della personalità e le emozioni che sta vivendo il mittente.

10)   Scrivere a mano permette di autenticare la paternità di un proprio pensiero. Il compito del perito grafico è proprio quello di attestare la paternità o meno di una scrittura o di una firma. Per esempio, un testamento olografo (dal greco olos = tutto, grafo = scritto) ha lo stesso valore giuridico di uno stesso che sia stato ufficializzato di fronte al notaio. Se scritto o firmato da un’altra persona ne perde la validità giuridica, e non ne viene riconosciuta la volontà del defunto. Come cita l’Art. 602 c.c., “Il testamento olografo deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto per mano del testatore”.  Nei casi più comuni ed ordinari è la firma ad attestare e sottoscrivere il proprio consenso e l’autenticità di un documento.

Scrivere con la penna non è solo un diletto riservato a pochi, ma una vera e propria funzione biologica, sociale, storica e culturale. Il rischio a cui  la tecnologia ci sottopone è che standardizziamo la nostra individualità in una globalizzazione virtuale, dipendente dall’energia elettrica e da microchip che nascondono la nostra storia nelle proprie connessioni virtuali. Come soffio di vento, i nostri ricordi rimangono silenziosi e all’ombra di quel verba volant che Caio Tito voleva invece consolidare proprio in una produzione scritta.

Con l'uso della penna e del proprio corpo che la muove, interpretiamo la partitura di cui noi stessi siamo compositori e musicisti. Esprimiamo così la sinfonia della nostra personalità, come un musicista suona il suo strumento a modo proprio e diversamente da tutti gli altri musicisti.
Jennifer Taiocchi