lunedì 28 gennaio 2013

LA SCRITTURA TRA CUORE E CERVELLO




La scrittura è un gesto motorio, espressione dell’essere umano, che nel corso dell’evoluzione è andato incontro a perfezionamento delle strutture cerebrali che controllano il movimento, ed al tempo stesso ha evoluto la sua coscienza e la sua consapevolezza. Ciò significa che il gesto scrittorio non è solo un gesto meccanico, ma è intimamente legato alle funzioni cerebrali sensitive e motorie, che a loro volta sono relazionate agli aspetti psicologici e comportamentali dell’essere umano: in definitiva l’atto scrittorio è un atto espressivo di una propria interiorità sensibile ed attiva, strutturata sul pensiero e colorata dalle emozioni.

L’impalcatura neuronale su cui si struttura il cervello umano è formata da componenti arcaiche ed evolute.

Le strutture arcaiche si trovano conglobate sotto forma di nuclei localizzati nella parte più profonda del cervello, il “cuore del cervello”, e sono deputate alla conservazione della memoria, degli istinti ed alla regolazione delle emozioni come la rabbia o la paura, del comportamento sessuale, della motivazione. Il cervello arcaico (distinto in pallidum  e striatum) presiede quindi alle funzioni istintivo-affettive. Le sue pulsioni nascono ed esistono indipendentemente dalla volontà e solo parzialmente emergono alla coscienza. E’ quella parte che sfugge all’analisi della scienza e che salva l’individuo dall’essere un clone, un prototipo, e che invece gli conferisce tutta la sua unicità!

A rivestimento di questi nuclei c’è la corteccia cerebrale, detta neocortex, proprio per la sua più recente formazione filogenetica. Questo cervello evoluto è sede della volontà, della coscienza, dei processi cognitivi del pensiero, delle percezioni sensoriali e delle funzioni neuro-motorie volontarie. E’ il nostro elaboratore dati, la “torre di controllo” che dall’alto della sua evoluzione elabora le percezioni, gestisce, controlla,  decide e infine agisce.

Tra i due cervelli esistono evidentemente connessioni: funzionalmente l’attività neocorticale è in grado di controllare il comportamento istintivo-affettivo, e le emozioni a loro volta influenzano le funzioni cognitive . Le loro complesse interrelazioni, affiancate anche da quelle ormonali, riversano i loro effetti su tutto l’organismo, sia nel controllo del sistema neuro-muscolare (attività motoria volontaria), sia su quello viscerale (gestione involontaria ed autonoma delle funzioni degli organi).

Il gesto scrittorio è solo un movimento fine, l’ultimo ad essere coinvolto ad effetto-domino dall’attivazione della catena neuro-muscolare. Esso è l’esito di tutte  le complesse interconnessioni eccitatorie ed inibitorie che gestiscono il movimento non solo della mano, ma di tutto l’arto superiore. Anzi, se osserviamo attentamente, tutto il corpo dello scrittore, mentre scrive, assume una propria postura. Tutto il suo corpo è coinvolto in questo movimento espressivo, non solo per esaudire una funzione motoria muscolare, ma anche espressiva di un contenuto ideologico ed emozionale. Le attività neuronali eccitatorie (di attività) ed inibitorie (di freno) interagiscono per gestire ed esercitare un autocontrollo del movimento e della sua espressione scritta ed emozionale.
Se infatti percepiamo la pressione – secondo Hegar - della penna sul  foglio come grado della volontà di affermazione, di forza, di determinazione, di un’attività rivolta verso uno scopo esteriore, allo stesso modo esiste un meccanismo di autocontrollo che si manifesta sotto forma di tensione nel gesto scrittorio, come ben descritto dagli studi di Rudolph Pophal. Ai massimi livelli di tensione si manifesta l’inibizione.

Questo lo osserviamo anche sulla scrittura di una stessa persona in momenti diversi della vita. Se è vero che abbiamo una scrittura che mantiene le stesse caratteristiche fondamentali che caratterizzano la nostra personalità, è anche vero che la stessa varia secondo le circostanze, secondo il nostro sentire, secondo il nostro atteggiamento verso la vita e le circostanze. Del resto nella vita quotidiana siamo soggetti a variabilità emotive, a mutamenti di contenuti del pensiero, di opinioni ed ai fuggevoli sentimenti. Ciò si riflette in tutto ciò che facciamo, a come lo facciamo, incluso come scriviamo.

Non avremo la stessa scrittura se stiamo rivolgendoci alla persona amata, all’amministratore condominiale, all’ufficio reclami o all’avvocato che ci sollecita risarcimenti, o in un compito d’esame.

Se per esempio lo scrivente sta rivolgendosi a qualcuno verso cui prova forti emozioni spiacevoli, lo vedremo assumere una postura tesa, le gambe incrociate, il volto con un’espressione aggressiva. Tutti i muscoli del suo corpo sono in tensione, e naturalmente anche quelli dell’arto scrivente, scaricando sul foglio quell’energia ed eccitazione che non può sfogare altrimenti. Nonostante un prevalente tentativo della componente conscia e razionale della corticale di controllarsi,  le emozioni saranno debordanti. Ed infatti troveremo una grafia tendenzialmente con appoggio marcato, con molti angoli, scatti e lanci, impulsiva, precipitosa, con imprecisioni, ritocchi. La mano vorrebbe stare al passo con l’eruzione incontenibile di pensieri che si riversano sul foglio.

Diversa sarà la scrittura della stessa persona, nel momento in cui stende una lettera serena rivolta ad un amico che per esempio non vede da tempo. I sentimenti istintivi emergeranno ma si lasceranno piacevolmente contenere dal controllo razionale corticale, prendendone a prestito le espressioni linguistiche per racchiudere in parole quelle emozioni piacevoli. Anche in questo caso ci sarà una carica di eccitazione e di energia che cercherà discretamente di esprimersi. Cambierà il tono muscolare del corpo. Sarà più soffice, più disteso, rilassato. E ciò si riverserà su una scrittura, che potrà essere appoggiata, sinonimo di coinvolgimento e partecipazione ad una passione emotiva, o leggera, se i sentimenti sono vissuti in modo più delicato, sensibile o distaccato. Sarà più morbida nelle forme, accattivante, curata, posata, maggior prevalenza di curve. La mano si vuole assaporare ogni singola parola, come se fossero istanti infiniti in cui addensare il sentimento provato.

Ciò dimostra che il sistema neurologico è una struttura anatomica che veicola tanto la volontà, l’azione ed il pensiero, ma che questi subiscono fortemente l’influenza delle componenti emotive dei nuclei arcaici. Anche il cervello ha il suo cuore!

In grafologia potremo osservare che quando le emozioni travalicano gli argini dell’autocontrollo della coscienza, troveranno la loro espressione nella pressione e nel tratto, così come nella velocità, nel movimento, nella continuità e nella direzione del rigo. Diremo che quando la scrittura è prevalentemente dominata dal “cuore del cervello”, il cervello arcaico, esprimerà il riflesso del subconscio e descriverà le emozioni che la muovono.

Se, al contrario, le emozioni sono contenute e sotto il controllo della volontà, dominate dalla luce della consapevolezza e della volontà, diremo che sono controllati dalla neocorteccia. Grafologicamente il controllo è maggiormente evidente nella forma, nella dimensione, nell’inclinazione e nell’impostazione dello scritto nella pagina.


Se il testo scritto è uno strumento per trasferire il contenuto dei pensieri, delle idee… la scrittura è uno specchio che riflette il cuore dello scrivente, i suoi sentimenti, la sua personalità, le sue motivazioni. E la grafologia è un efficace strumento d’analisi della scrittura, apre il sipario sul mondo interiore della personalità autrice del testo.

Jennifer Taiocchi

giovedì 10 gennaio 2013

TRA FORMA E MOVIMENTO... TRA APPARIRE ED ESSERE





Quando usciamo di casa, ed entriamo nel mondo sociale, inconsciamente i nostri atteggiamenti mutano, cercando di adattarsi alle convenzioni sociali, alle buone usanze, rispettando i principi dell’educazione e vestendoci con la divisa appartenente al ruolo in cui agiamo e con cui interagiamo. Tutto ciò anche malgrado i nostri desideri. A parte questa veste sociale, non sempre ben aderente alle nostre forme costituzionali, esiste anche una nostra identità più vera. Una realtà pura sotto la veste conformista, che talvolta controllata o inibita dai tabù ed altre spumeggiante ed incontrollata. Una divisa formale è necessaria per inserirsi ed adattarsi all’ambiente relazionale, quanto lo è quella essenziale nudità per esprimere la propria identità e realizzarla.
Questi due aspetti antitetici convivono nel nostro comportamento quotidiano, e il loro equilibrio o la loro predominanza si esprimeranno nel nostro atteggiamento posturale, linguistico, e per conseguenza nel nostro atteggiamento scrittorio.  Ecco su cosa si fondano le due specie di Crepieux-Jamin: la Forma ed il Movimento.

Una persona dalle parole ricercate, dai gesti rispettosi del bon-ton, da un comportamento aderente alle convenzioni, prevedibile, costante, educato e talvolta costruito, non potrà che curarsi anche del gesto grafico nella presentazione scritta di una lettera o di un testo scritto, soprattutto se indirizzato ad un’altra persona.  Son quelle abitualmente considerate le “belle scritture”, perché leggibili, curate e talvolta abilmente arricchite nella Forma. 


La Forma è quell’aspetto  della scrittura in cui la persona mette in atto scelte consapevoli per l’esecuzione della sua espressione scritta. E’ una delle caratteristiche della scrittura che più sottostanno ad un controllo della volontà e della razionalità. La Forma appartiene alla dimensione spaziale della scrittura, preoccupandosi lo scrivente di inserirsi nello spazio ambientale. La persona può scegliere di adattarsi alle consuetudini sociali strutturando una Forma acquisita che ricalca i modelli diffusi, convenzionali, scolastici, semplici. Ma può anche scegliere di volersi esprimere al di fuori delle consuetudini e personalizzare le Forme con gesti che la arricchiscono,  la complicano, la rendono bizzarra, oppure la semplificano fino all’essenzialità, o ancora la trasformano rendendola artificiosamente costruita, quasi simbolica.  Le stesse scelte consapevoli si traducono  quotidianamente anche nella cura del proprio aspetto, di come cioè ci si presenta agli altri: con un abbigliamento comune, casual, convenzionale, senza trucco e con il capelli ordinati,  oppure con un abbigliamento curato, ricercato, dalle gradi apparenze o nei piccoli dettagli, capelli costantemente in piega o ancora indossare un costume teatrale, che camuffi la propria identità o ne esalti solo certi aspetti per nasconderne altri. Solo se il suo stato emotivo è perturbato si lascerà andare in modo trascurato, scialbo. Ma quando questa cura estetica diventa la primaria preoccupazione, questo eccesso di controllo si traduce in una scrittura rigida, in cui la preoccupazione per l’immagine che trasmette agli altri prevale sul contenuto di quella stessa immagine. Sarà una persona che tenderà a nascondere una sua vera identità, cercando di mostrarne una maggiormente attrattiva, nascondendo così proprie debolezze, fragilità, conflitti, ma lottando anche per superarle, ristrutturando una propria immagine.


Esistono poi personalità che non sono disposte a sottostare ad un eccessivo autocontrollo, lasciando libero invece un proprio linguaggio interiore più autentico, disinibito e talvolta sfacciato. Sono persone che identificano se stesse non nel gruppo, ma nella propria individualità, per questo mal sopportano di appartenere ai ranghi della convenzionalità, ed agiscono quindi non per esser riconosciuti o approvati, ma per sentirsi vivi. Cavalcano l’onda delle proprie emozioni e rifuggono ogni costrizione o imposizione: sono persone inquiete, impazienti di esprimersi, di agire, di trasformare un proprio pensiero in azione. Sono persone indipendenti che desiderano evolvere, progredire. Possono arrivare ad essere dei veri e propri ribelli, incostanti e per questo meno affidabili. Ciò si traduce in persone imprevedibili, talvolta incomprensibili, come spesso è la loro scrittura le cui Forme sublimano nel movimento.


Il Movimento è allora quell’aspetto della scrittura più dinamico, impulsivo, che da voce all’emotività piuttosto che alla razionalità. Esso è l’espressione di un processo dinamico. Si riferisce al ritmo di spostamento del tracciato grafico e perciò si inserisce nella dimensione temporale della scrittura. Una scrittura Movimento sarà decisamente più dinamica, irregolare, in cui l’inconscio erutta spontaneo. Essa può esprimere sensibilità, intuizione, ricettività, ma anche spontaneità, sincerità. Se la Forma è di facile da imitare o trasformare volontariamente, lo è molto meno il movimento. Esso è infatti un riflesso di un proprio movimento interiore, i tumulti che si muovono nei visceri della vita psichica.
La personalità Movimento non sarà così attenta alla propria presentazione, all’apparire, ma piuttosto all’essere autentico, e all’agire. Sarà una persona dinamica, impulsiva, talvolta precipitosa, indaffarata continuamente in uno o più scopi da perseguire. In questo può trovarsi in difficoltà a concentrarsi, a memorizzare, perché solleticato da continui pensieri che impulsivamente sorgono alla mente e compulsivamente richiedono attenzione e realizzazione.
Il Movimento, quando diventa rapido, esprime la maturazione grafomotoria, ovvero l’abilità psico-neuro-motoria, in cui il pensiero che sgorga dalla mente viene rapidamente e trasformato, attraverso le vie neuro-motorie, in gesto grafico e quindi in messaggio scritto.


Noi siamo quotidianamente alla ricerca di un equilibrio tra una vita esteriore sociale, conscia e controllata, ed una vita interiore spontanea, inconscia ed incontrollabile. Dare più importanza alla prima significa acquisire una propria padronanza di sé ed apparente stabilità pagando il prezzo di uno svuotamento di una propria identità unica, per appartenere ad un cliché comune. Ipertrofizzare la seconda significa navigare in mari instabili e talvolta sofferti della propria autonomia, rischiando anche di scivolare, riscuotendo però il beneficio di una propria evoluzione, apportando anche spunti di innovazione.
Se “in medio stat virtus”, anche un buon equilibrio tra la scelta di un apparire con un abito composto ma personalizzato,  e quella di essere, attraverso un atteggiamento spontaneo ma controllato appare la scelta migliore. Ciò si traduce nella scrittura di una persona che abilmente si adatta alle convenzioni senza però sacrificare la propria autonomia di pensiero, di azione e di evoluzione.

Jennifer Taiocchi

GRAFOLOGIA OLISTICA




GRAFOLOGIA OLISTICA: la teoria della Gestalt





 
  

 “Creatura complicata l’uomo: sa tanto di tante cose,
ma conosce davvero pochissimo di se stesso”
Carl Gustav Jung


Il mondo che caratterizza l’interiorità dell’essere umano è ricco di sfaccettature distinte e mutevoli, come quelle che si scoprono scrutando da vicino un quadro. Tanti tocchi di colore, forme che costruiscono in posizioni diverse, geometrie e figure complesse ed uniche. Non sempre l’uomo riesce ad osservare e scoprire se stesso nella propria interiorità, ed ancor meno quando tenta di comprendere quella altrui, se non osserva tutte le sue diverse sfaccettature nel loro insieme globale.

Ognuno di noi è un universo a sé, estraneo agli altri, ma soprattutto inesplorato a se stesso. Il suo essere così unico, individuale ed irripetibile, viene svelato dal suo modo di comportarsi, di pensare, di parlare, di muoversi, e di scrivere. Come cita lo scrittore cinese Lin Yutang “ogni attività umana ha una forma ed un’espressione”. Quando l’espressione del suo pensiero si trasforma in movimento scrittorio, lo fa grazie ad un sistema nervoso centrale e periferico che si comporta come messaggero di emozioni che si schiudono sotto i primi raggi di coscienza. La mano, che appartiene ancora ad un nostro Io fisico, conduce la scrittura, e lascia trasparire sul foglio il riflesso del Sé, un’orma della propria individualità. La scrittura a mano diventa in questo modo un mezzo bivalente: con la scelta delle parole espone il contenuto dei pensieri, e con la modalità di stesura delle stesse rivela la sua essenza, le emozioni, la personalità, in definitiva rappresenta con il suo modello scrittorio l’integrazione anche temporale del proprio vissuto interiore trascorso, i moti emotivi presenti e le motivazioni che proiettano l’individuo verso il futuro. E’ per questo motivo che il grafologo non legge il testo del manoscritto (con l’eccezione di quello dei bambini), ma “legge” il modus scrivendi. La scrittura, in sostanza, de-“scrive” una verità intima attraverso l’uso di segni e forme simboliche, e la sua traduzione consente di “individuare” [1] il Sé più autentico dello scrivente. Ogni scrittura diventa quindi testimonianza della nostra identità cognitiva, sociale, relazionale ed emotiva. Non esiste una calligrafia identica ad un’altra, così come non esiste un individuo equivalente ad un altro, seppur si possano riscontrare somiglianze, o tentarne l’imitazione. L’individuo dipinge e proietta, infatti, la propria identità sulla carta attraverso un inconsapevole e singolare insieme di gesti grafici simbolici con i quali costruisce metaforicamente un organismo scrittorio del tutto personale. 

“Qualsiasi caratteristica dell’individuo, specialmente se si tratta di proprietà sostanziali, deve manifestarci l’individuo stesso… anche il cappello, che è qualcosa di incidentale alla persona, ha tutte le caratteristiche personali del soggetto. Per questo, chi ci conosce intimamente e fino ai minimi particolari, deve saper distinguere il vostro cappello da quello di chiunque altro”   (Girolamo Moretti)

Allora, come riesce il grafologo ad indagare questo mondo ineguagliabile ed a riconoscere il nostro cappello? Lo studio analitico e meticoloso della scrittura non si sofferma sul matematico tentativo di attribuire ai segni calligrafici uno specifico significato, sarebbe troppo riduttivo e sminuirebbe tutta l’arte della grafologia. Tale arte è assimilabile infatti a quella di un investigatore che dopo aver cercato e raccolto parsimoniosamente tutti gli indizi oggettivi, elabora la scena del delitto, il movente e l’identikit del colpevole. E’ proprio questa elaborazione il pilastro portante della grafologia, poiché il complesso di combinazioni simboliche che proiettano sulla carta un’individualità mente-corpo, è infinito, unico ed irripetibile, ed uno stesso simbolo grafico può assumere interpretazioni diverse, secondo il contesto simbolico in cui si trova. Si stima che si possano comporre nella nostra lingua italiana fino a 800.000 parole con le sole 21 lettere dell’alfabeto italiano. E con queste lettere e parole si sono scritti fiumi di libri di ogni tipo, articoli, saggi, testi di studio. Tutto varia secondo come scegliamo le parole, il ruolo che diamo loro e come le disponiamo nel testo per costruire gli enunciati.
Qualcuno potrebbe pensare “ma allora è vero tutto, ed il contrario di tutto?”. E’ il pensiero relativista che ci aiuta a comprendere che la verità presenta innumerevoli sfaccettature ed esse possono essere numerose quante sono le angolazioni da cui si osserva. L’orizzonte e la direzione possono anche essere identiche, ma diverso sarà il panorama se ci affacciamo al primo piano oppure all’attico dell’Empire State Building. E come sarebbe il nostro panorama se osservassimo la stessa Manhattan dall’oblò di un Airbus in transito a 10.000 metri di quota?
      

La realtà oggettiva è la stessa, ciò che cambia è solo la prospettiva, ed essa dipende da ciò che l’osservatore percepisce nel suo campo di osservazione, il paesaggio che si costruisce davanti ai suoi occhi. E non solo, se osserviamo ancora più attentamente, vedremo che quel paesaggio non è solo un insieme casuale, caotico e statico di unità, ma che in esso tutto è dinamico ed i vari elementi assumono senso secondo la modalità con cui si intrecciano e sono organizzate tra loro, formando un unicum

Applicando questi concetti alla grafologia ci vengono in aiuto le teorie psicologiche della Gestalt a cui la grafologia fa profondo riferimento. Gestalt è un termine che deriva dal tedesco e non ha una traduzione specifica nella nostra lingua, ma il suo significato si può assimilare a “forma”, “figura”, “struttura” o “creazione”.  Ci vuole indicare che la mente, attraverso determinate leggi, configura e struttura sotto forma di immagini gli elementi che le giungono attraverso i canali sensoriali (percezione) o della memoria (pensiero, intelligenza). La nostra esperienza all’interno dell’ambiente è costituita dalla percezione di un’insieme di elementi, la cui semplice somma non ci porterebbe alla comprensione del funzionamento globale delle cose. 

Tale inquadramento si illustra con l’assioma gestaltico “il tutto è molto più che la somma delle singole parti”, opponendo così l’idea di percezione elementare, dissociata e statica ad una percezione olistica e dinamica del mondo fenomenico.  Le singole parti diventano quindi elementi non solo affiancati tra di loro, ma in rapporto sinergetico, dove il loro valore si potenzia e definisce solo in rapporto al contesto in cui si trovano.
Nell’immagine proposta c’è un chiaro esempio di come l’immagine che il nostro cervello crea va oltre agli elementi floreali, suggerendoci un’immagine globale ed aggraziata di una donna che non vedremmo se gli elementi fossero disposti tra loro con rapporti diversi.
Se, anziché alla mente, applichiamo questo concetto al corpo fisico, ci rendiamo conto che non è sufficiente inglobare in una struttura scheletrica un insieme di organi e visceri per poter dire di aver creato una vita, un organismo funzionante. Questi devono necessariamente essere in rapporto sinergetico tra di loro, comunicare ed autoregolarsi vicendevolmente attraverso un meccanismo che ricerca un equilibrio omeostatico. Ciò significa che ad ogni cambiamento in una parte dell’organismo, ne corrispondono simultanei cambiamenti in altre parti, cioè ogni piccola variazione isolata si ripercuote necessariamente sull’insieme, ristabilendo un nuovo equilibrio. Anche in questo caso si ripropone una visione olistica del corpo vivente.

Trasponendo questo concetto alla scrittura si può comprendere come ogni singolo gesto grafico, detto “segno”, acquisisca un significato peculiare in relazione all’”ambiente grafico” in cui si trova, ovvero in funzione degli altri segni grafici presenti nel manoscritto, ed ogni modifica di un segno determina una nuova struttura grafica, detta appunto Gestalt. E’ questo un concetto della visione olistica applicata alla grafologia.
 
Per meglio comprendere, porterò un esempio. Se una scrittura ha una dimensione piccola, non potremo limitarci a descrivere una personalità introversa, ma dovremo cercare altri segni grafici accompagnatori che creino un contesto in cui ci si possa indirizzare verso un’identificazione più precisa delle qualità dello scrivente. Il significato di una scrittura piccola potrebbe infatti tradurre delle personalità tra loro molto diverse. Vediamo alcuni esempi:
·         personalità carente di autostima (se in aggiunta, le dimensioni delle lettere sono molto variabili, sproporzionate, schiacciate ed un tratto mal inchiostrato)
·         personalità riflessiva, razionale ed obiettiva (se scrittura dinamica, agile, sobria, evoluta)
·         persona schiva ed introversa che non esprime facilmente i propri sentimenti (se il tratto è nitido)
·         persona con tendenza all’isolamento (se ampia distanza tra parole e tra righe, con ampi margini)
·         personalità autoritaria e dispotica (tratto tagliente, angolosa, acuminazioni, barre delle t lanciate, punteggiature e finali esuberanti)
·         affaticamento, mancanza di vitalità, invecchiamento (associata a tratto leggero, poroso, fine, incerto, lento, rigo instabile o discendente)
·         personalità ambiziosa (se accompagnata da aste ascendenti lunghe e decise, tratto nutrito, rigo ascendente, firma importante)

Chi scrive compone il proprio mosaico. Da un insieme sparso di pietruzze, sceglie i frammenti di colori, forme, e le incastra, creando l’immagine personale del Sé, riconoscibile, apprezzabile e che trasmette una propria individualità.
Allo stesso modo avviene in musica. I grandi compositori sanno esprimere a tutti i livelli la loro capacità di unire tra di loro solo 12 note per creare un’identità unica e meravigliosa. Ad esempio, il compositore Tchaikovsky ha realizzato in sinfonia musicale un’identità fiabesca come quella de “Il lago dei cigni”, unendo i diversi timbri degli strumenti, ed attribuendo ad ognuno il proprio ruolo compositivo e scenico, in una danza di armonie e melodie. Il risultato finale è non solo una famosissima composizione magistrale, ma una vera e propria immagine musicale. 

In definitiva, il grafologo è colui che penetra l’opera artistica, salendo sul palcoscenico degli artisti ed analizzando le loro singole partiture, per poi tornare in platea ed assaporare la sinfonia di note che si rincorrono da uno strumento all’altro creando un dialogo prestabilito, ora pacato, ora effervescente o malinconico, trasmettendo così le emozioni del compositore, dalla partitura direttamente all’anima di chi lo ascolta.

“Sempre in un’analisi grafologica, peseranno molto il talento e la grazia del grafologo, la decisiva capacità di intuire espressioni e abbracciare degli insiemi; sembra dono innato in taluni e quasi impossibile da sviluppare in altri. Inoltre, poiché non ci sono due scritture identiche, né possono esistere, una scrittura concreta opporrà sempre alla scienza grafologica l’invisibile barriera che ogni individuo oppone a tutta la scienza. Dell’individuo non esiste né concetto né scienza, recita la filosofia… la grafologia applicata sarà, perciò, sempre, un’arte”
J. Crepieux-Jamin


Jennifer Taiocchi


[1] Il processo d’individuazione è meccanismo studiato da Jung per identificare un processo umano volto alla riscoperta del Sé nel tentativo di far emergere la parte inconscia ed integrarla in modo armonico con la parte di sé conscia. Questo processo durerebbe tutta la vita, ma non si compirebbe mai totalmente, poiché permane nell’essere umano una parte inconscia non esplorabile.